sabato 26 dicembre 2009

Sciocchezze

L'approvazione del decreto legislativo ha alzato il tono del dibattito e di conseguenza le stupidaggini dette dai diretti interessati sono cresciute. Facciamo un po' di chiarezza:

Claudio Scajola intervistato dal Giornale si ritrova un titolo accattivante quanto falso: "Col nucleare si taglieranno le bollette".

Spiega il ministro: "Con una quota del 25% di nucleare a regime i costi potranno scendere del 25-30% con un significativo effetto sulle nostre bollette".

Non c'è una data, ovviamente, ce la mettiamo noi limitandoci a prendere per buone le previsioni dello stesso Scajola: primo ( o primi due) reattori attivo nel 2018, si arriva a quattro intorno al 2020. E in quel caso saremmo a metà, diciamo al 40% del percorso previsto dal ministro. Per il 25% della potenza elettrica installata da fonte nucleare servirebbero altri 4 reattori Epr da 1600 Mw o 6 dei più piccoli Ap 1000 (ma dopo il 2020 magari anche qualche modello diverso potrebbe diventare disponibile). Per questa seconda fase, ammesso che sia necessaria, serviranno altri 8-10 anni. Quindi l'affermazione di Scajola andrebbe corretta "Se tutto va bene bollette tagliate tra vent'anni". Non proprio domani. Peraltro per avere effetti sulle bollette di tutti noi, normali cittadini, andrebbe anche cambiata l'attuale meccanismo della borsa elettrica, ma in vent'anni ci sarebbe tutto il tempo.

per par condicio cito gli anti nuclearisti, i Verdi e l'Idv parlano di 25 miliardi di "soldi pubblici" per sostenere il piano nucleare. Più precise le associazioni ambientaliste come Legambiente che parlano più generalmente di "risorse" che saranno sottratte ad investimenti energetici più utili e in sintonia con il benessere del pianeta.
Lo Stato non prevede di stanziare capitali per costruire le centrali, pagheranno Enel, Edf e i suoi soci. Uno sforzo che intendono ripagarsi con gli incassi della vendita dell'elettricità, quindi un cittadino che non vuole avere niente a che fare con il nucleare, tra dieci anni o subito, si potrà scegliere una compagnia che non prevede di vendere elettricità ottenuta dalla fissione e vivere felice e "denuclearizzato". Nessuna parte del suo denaro, quello speso direttamente o affidato allo Stato tramite le tasse, avrebbe aiutato il rinascimento nucleare. Un lusso che un italiano deciso a non sostenere la Fiat non può concedersi.

Fa giustamente notare Ermete Realacci del Pd che "nel resto del mondo il nucleare non sopravvive senza l'aiuto pubblico". Questo è il vero che rischio che va evitato, i costruttori chiederanno di vendere l'elettricità a prezzi fissi. In questo caso è la cifra a fare la differenza tra una regalia e una garanzia. Poi ci sono tutta una serie di costi, come le assicurazioni durante il funzionamento e il fondo necessario per lo smantellamento che lo Stato (succede in Francia, in Giappone, negli Usa) tende ad accollarsi per via del loro orizzonte temporale molto remoto.
Se si è veramente convinti che il vero difetto delle centrali sta nel fatto che le società produttrici ci guadagnano troppo e i cittadini pagano il conto, basta costringere le norme a rispecchiare questa realtà limitando i margini dei costruttori. Questa argomentazione, se non è strumentale, non porta necessariamente ad essere contrari alle centrali, ma solo alla ripartizione dei costi e degli utili ad esse connessa. E quindi bisognerebbe lavorare per modificarla, non per eliminare il nucleare.