mercoledì 22 giugno 2011

Persino il caffè sa di caffè di Sindona...(Cit)

Il consiglio di sorveglianza del gruppo nucleare francese Areva ha designato Luc Oursel a futuro presidente del direttivo e sostituirà Anne Lauvergeon in uscita a fine mese. Ho visto molte interpretazioni "politiche" da parte della stampa in cui Atomic Anne sarebbe una vittima di Sarkozy.

In parte è vero, ma lo Stato francese ha molti motivi per essere un azionista scontento visti gli insuccessi nazionali ed internazionali (Flamanville, Olkiluoto, Constellation, gli Emirati arabi). C'è da pensare che ci fosse molta "politica" anche alla base della sua lunga permanenza a dispetto di tutto.

Questa donna ha segnato la strada dell'intera industria e i suoi errori si pagano ancora.
L'idea, irrealizzabile alla prova dei fatti, di centrali di terza generaziona standard vendibili ad ogni latitudine è tutta sua, come ben sintetizza la frase ricordata in un pezzo oggi da Finanza e Mercati
Il nostro modello di business? E' Nespresso" ha detto la Lauvergeon qualche anno fa a una rivista francese, precisando che "si guadagna con le macchinette, ma soprattutto col caffè". Così grazie alle sue miniere in Kazakistan, Nigeria e Canada nel 2010 Areva con 10.400 tonnellate è stato anche il primo estrattore mondiale di "yellow cake", il minerale da cui si estrae l'uranio impoverito.
Le macchinette (gli Epr) si sono rivelate dei mezzi bidoni, il caffè (l'uranio arricchito) si vende sempre bene, ma il mondo è andato da tutt'altra parte.
Au revoir Anne non penso che ci mancherai






martedì 21 giugno 2011

La sporca via che ci allontana dall'atomo

Gli economisti di Freakonomics, famosi per la capacità di approcci anticonformisti ai temi grandi e piccoli dell'economia e del vivere sociale hanno ospitato un articolato dibattito su quanto sia realistico e realizzabile lo spegnimento dello centrali da parte della Germania. Si parla anche del referendum italiano. Vi consiglio di andarvelo a leggere qui.
Anche se non ci sono suggerimenti particolarmente originali sono ripresi molti temi presenti in "Fuga dal nucleare" e quindi è un'utile integrazione (solo dopo aver letto il mio libro, mi raccomando :)). Il succo del dibattito è che le rinnovabili sono un'alternativa parziale e gas e carbone si avvantaggeranno più di tutti del vuoto lasciato dall'atomo, ma comunque la mossa ambiziosa dei tedeschi è in generale positiva perché spingerà ricerca e investimenti verso le tecnologie verdi, quindi "soldi ben spesi" specie in un'ottica futura.

Con puro spirito provocatorio segnalo l'intervento più critico della scelta tedesca, quello di Jesse Jenkins e Sara Mansur del Breaktrough institute. Il punto più forte dello loro studio, che trovate integralmente qui , è l'immagine qui sotto.
Nella scala a sinistra ci sono i Kwh di elettricità a emissioni zero in più che il sistema tedesco dovrà produrre (o in alternativa rinunciare a consumare) per spegnere le centrali, raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissione e magari (l'ultima colonna) spegnere un po' di centrali a carbone. In realtà sta succedendo il contrario: sono 11 mila i Mw a carbone in corso di costruzione in Germania.

venerdì 17 giugno 2011

Ha senso parlare ancora?

Scampato pericolo? Il risultato del refendum ha allontanato di anni la possibilità di costruire centrali atomiche da noi. Molti nuclearisti che ho avuto modo di sentire nei giorni immediatamente successivi al voto hanno sottolineato che quella possibilità aveva smesso di essere realistica ormai da mesi. Anche il fallimento del quorum non avrebbe rilanciato il programma, la stessa Enel non considerava più possibile l'apertura del primo cantiere entro la fine della legislatura. Comunque la tentazione forte è quella di chiudere per sempre questo capitolo e non pensarci più.

Invece proprio l'ottimo risultato del referendum rende ancora più importante continuare a parlare di nucleare: la maggioranza degli italiani ha preso una decisione importante di politica energetica, ora bisogna lavorare per renderla realizzabile. L'ovvia - e probabilmente sensata- obiezione che gli elettori non avevano ben chiare le conseguenze di questa scelta sulla nostra bolletta, sul sistema di forniture di gas e petrolio, e persino sulla conformazione delle nostre imprese, rende ancora più urgente un'opera d'informazione. Grazie agli amici di Giornalettismo è già disponibile sulla rete una parte del mio libro che ragiona proprio su cosa succederà adesso e nel prossimo futuro in Europa.
L'Italia dovrà prendere una posizione precisa sul nucleare degli altri, nel resto dell'Ue e anche nelle immediate vicinanze. L'esatto opposto da quanto predicato dal governo nelle ultime settimane capace di varare un decreto in cui chiedeva all'Europa di decidere sulle nostre centrali futuro.

Poi c'è tutto il capitolo delle esplorazione delle alternative che al momento propone tre grandi interrogativi:1) La Germania riuscirà a spegnere le sue centrali? Nel libro spiego perché la grande sfida di Berlino non sarà quella di far crescere la quota di energia rinnovabile, ma di imparare a crescere senza aumentare i consumi energetici. 2) La prossima e benvenuta (dagli ecologisti nostrani) sempre crescente dipendenza dal gas avrà dei costi ambientali ed economici sostenibili?
3) Che fine ha fatto il cambiamento climatico? Dopo Copenhagen è sparita l'urgenza di tagliare le emissioni, i programmi procedono in ordine sparso, ma nei paesi avanzati sono evidentemente subordinati al ritorno della crescita economica e in quelli emergenti non hanno intenzione di fare più sforzi dei ricchi.

Saranno tempi interessanti.

giovedì 9 giugno 2011

Svizzera e dintorni

Anche la Confederazione ha deciso di spegnere progressivamente i propri reattori. Una decisione interessante soprattutto per alcuni dettagli. Il primo è che, a differenza della Germania, è un phase out senza programma alternativo. Servirà farne uno al più presto visto che l'atomo garantisce il 35-40% del fabbisogno elettrico. Il secondo è che le centrali avranno una vita di 50 anni, un record europeo che non dovrebbe renderci molto felici data la vicinanza di questi ruderi. I due reattori di Beznau saranno chiusi nel 2019 e nel 2021, Muhleberg nel 2022.
C'è da sperare che qualche guasto o revisione straordinaria accorci l'ultima parte della loro vita.

Terza ed ultima riflessione è che con la Svizzera e la probabile valanga di Si al referendum italiano, l'Europa del prossimo decennio sarà spaccata in due con una fascia denuclearizzata (Italia, Svizzera, Austria, Germania Danimarca) e qualche centinaio di reattori ad Est e Ovest. In un'ottica di "rete europea" questa disposizione peserà non poco.

mercoledì 8 giugno 2011

Il terremoto si è mangiato il 2% di Pil e il 100% del nucleare

Si va verso il terzo mese dopo il terremoto e siamo ancora qui a contare i danni: 15 mila morti e 8 mila dispersi non bastano. Le prime stime economiche affidabili sull'economia giapponese dicono che l'attivo strutturale nella bilancia delle partite correnti si è ridotto di due terzi (-69%) e che il sisma ha fatto crollare le previsioni di crescita da 1,5% a -0,7%. Il Giappone ha perso due punti di pil: cioè 100 miliardi di dollari.

Il prezzo più alto però è quello energetico: il nucleare sta scomparendo e nessuno è in grado di rimpiazzarlo. A differenza della tanto decantata Germania, che non chiuderà nessuna centrale finché c'è il rischio di lasciare al buio anche una sola casa, Tokyo invece deve trovare una soluzione qui ed ora, altrimenti fabbriche chiuse, scuole al buio e case immerse nell'afa.

Dei 54 reattori che compongono l'intera flotta solo 19 sono ancora in funzione e tutti andranno chiusi per ispezioni e manutenzione entro aprile prossimo. In 10 mesi il nucleare giapponese sparirà se le centrali ora ferme non saranno fatte ripartire. Di certo i sei reattori di Fukushima Daichi non sono agibili ma il governo si è mostrato molto timido nel dare il via libera a qualsiasi riapertura. Il lungo tramonto costerà 30 miliardi di dollari per le forniture di gas e carbone oltre che un numero consistente di black out già in corso e si potraranno durante l'estate

martedì 7 giugno 2011

E' nato...


Cosa fate ancora lì?
Di corsa in libreria.

Per i più pigri vanno bene lo stesso
un paio di click a partire da qui

lunedì 6 giugno 2011

Gli Stati Uniti non imitano la Germania

Il sito ambientalista Grist ha pubblicato una lunga inchiesta in quattro parti sullo sfaldamento del fronte nuclearista negli Stati Uniti. Ovviamente il modello indicato è quello tedesco e il messaggio è tutto per l'amministrazione Obama che nonostante Fukushima continua a insistere nel volere finanziare le centrali nucleari.

La parte più interessante però è questa in cui si elecano tutto gli Stati (California, Texas, Vermont, New York, Maryland) in cui sono i governi locali a voler impedire la costruzione di nuovi impianti o arrivare a chiudere quelli esistenti. Lo stesso articolo ammette che il potere federale in questo settore è molto forte. Nel concreto sono i gestori a fare l'ago della bilancia: si alleano con i locali per evitare le nuove costruzioni e con Washington per evitare la chiusura dell'esistente.
L'effetto e che il nucleare diminuisce il suo peso nel mix energetico fallendo nell'unico compito utile, ridurre le emissioni complessive, e al tempo stesso la sicurezza delle centrali diminuisce con il loro progressivo invecchiamento.

mercoledì 1 giugno 2011

Si vota. Per fortuna

Il referendum si farà ed è giusto così.
Possiamo discutere all'infinito su ogni argomento, ma su una cosa del genere le democrazie fanno parlare gli elettori, direttamente o attraverso i loro partiti.
L'obiezione più ovvia è che la "ggente" non ha idea di cosa sia una centrale, del costo reale dell'energia, delle potenzialità delle rinnovabili e non è in grado di prendere posizione sul nucleare se non sulla base di un umore o di una sensazione.

Da "esperto" posso dire che anche ne sapessero di più, la decisione finale sarebbe altrettando figlia di elementi personali che non c'entrano niente con il nucleare.
Ho parlato con ambientalisti nuclearisti e con ingegneri nucleari che rinnegavano i loro studi. Tempo fa con un collega confrontammo una serie di simulazioni sul costo delle centrali. Concordate le cifre al centesimo lui concluse:"Quindi le centrali non sono mai convenienti" ed io invece sottolineai che con prezzi medi del petrolio tra 100 e 120 dollari lo spazio c'era. Stesso set d'informazioni, stessa inclinazione (ambientalisti tuttaltro che dogmatici) e conclusione diversa.

I nuclearisti (e ci metto anche il governo) hanno avuto un paio d'anni per far valere il proprio punto di vista. Naturalmente non sono stati fortunati per via di Fukushima, ma hanno perso parecchie occasioni: non hanno blandito le comunità locali promettendo denaro, hanno subito defezioni tra i politici di riferimento. Nel frattempo la "ggente" è rimasta diffidente, come dargli torto?
Ora si vota, poi potremo tornare a dibattere.