Si va verso il terzo mese dopo il terremoto e siamo ancora qui a contare i danni: 15 mila morti e 8 mila dispersi non bastano. Le prime stime economiche affidabili sull'economia giapponese dicono che l'attivo strutturale nella bilancia delle partite correnti si è ridotto di due terzi (-69%) e che il sisma ha fatto crollare le previsioni di crescita da 1,5% a -0,7%. Il Giappone ha perso due punti di pil: cioè 100 miliardi di dollari.
Il prezzo più alto però è quello energetico: il nucleare sta scomparendo e nessuno è in grado di rimpiazzarlo. A differenza della tanto decantata Germania, che non chiuderà nessuna centrale finché c'è il rischio di lasciare al buio anche una sola casa, Tokyo invece deve trovare una soluzione qui ed ora, altrimenti fabbriche chiuse, scuole al buio e case immerse nell'afa.
Dei 54 reattori che compongono l'intera flotta solo 19 sono ancora in funzione e tutti andranno chiusi per ispezioni e manutenzione entro aprile prossimo. In 10 mesi il nucleare giapponese sparirà se le centrali ora ferme non saranno fatte ripartire. Di certo i sei reattori di Fukushima Daichi non sono agibili ma il governo si è mostrato molto timido nel dare il via libera a qualsiasi riapertura. Il lungo tramonto costerà 30 miliardi di dollari per le forniture di gas e carbone oltre che un numero consistente di black out già in corso e si potraranno durante l'estate