"Una vittoria l'abbiamo già ottenuta, le centrali nucleari non le faranno". Così Emma Bonino dimostrava negli ultimi giorni come la carta antinuclearista si fosse rivelata vincente: non solo il tema energetico aveva rinsaldato le truppe a sinistra, ma la paura delle ritorsioni elettorali aveva costretto molti candidati di centrodestra a dichiararsi indisponibili alla costruzione di nuove centrali.
E' andata diversamente, l'antinuclearismo non ha portato risultati apprezzabili al centrosinistra, e le due regioni più accreditate per ospitare una centrale, il Lazio e il Veneto, diventeranno per il governo centrale un interlocutore molto malleabile. La vera sopresa di questa tornata elettorale, il leghista Roberto Cota, ha vinto contropronostico pur essendo l'unico candidato del Nord Italia (di entrambi gli schieramenti) ad essersi apertamente schierato a favore delle centrali, anche nel "suo" Piemonte.
La sua non era una pura dichiarazione di principio: a Trino (Vc) c'è una centrale ancora in via di decommissioning e a Saluggia c'è un vecchio impianto Enea per il riprocessamento del combustile. Quindi agli occhi dei cittadini il nucleare è un "clear and present danger". Invece i piemontesi si sono spaventati molto poco e lo hanno votato. Qualche riflessione anche tra i cuor di leone del Pdl dovrebbe provocarla.
Dal punto di vista pratico, Trino potrebbe diventare il luogo prescelto per il deposito delle scorie, mentre per quanto riguarda le nuove centrali, un Epr lontano dal mare è improbabile, ma i fiumi piemontesi possono offrire luoghi adatti per reattori più piccoli.