martedì 16 marzo 2010

Il buon senso "cool" del New Yorker

Prima nota personale, adoro il New Yorker, per il modo così "cool" che ha di non dire mai niente. Il lettore tipo della rivista americana è uno curioso, istruito, di larghe vedute che vuole sapere che succede su argomenti di cui non sa niente. I suoi scrittori rifuggono i tecnicismi e finiscono per dare sempre delle letture "dall'esterno" degli argomenti trattati
Quindi nel momento in cui parlano di nucleare non si può pretendere grande approfondimento. L'occasione è la "svolta" nuclearista di Obama, che poi tanto svolta non è visto che anche da senatore Barack era favorevole alla costruzione delle centrali. Ma proprio l'approccio "politico" porta il giornalista ad una conclusione abbastanza ovvia:

Carl Pope, the executive chairman of the Sierra Club, has said that Obama’s nods to nuclear “may ease the politics around comprehensive clean-energy and climate legislation, but we do not believe that they are the best policy.” But the best, as often happens in our sclerotic political system, may not be among the available choices. As we stumble our way toward an acceptable approach to energy and climate change, the merely good might be the best that we can get.


Traduzione non letterale: se concedere prestiti alla costruzione delle centrali è l'unico modo per avere una legge forte e compiuta per contrastare il climate change, forse è il caso di concederli.
Sottoscrivo e aggiungo: molti sondaggi in giro per il mondo segnalano un calo dell'interesse della popolazione per le tematiche del riscaldamento globale. Un calo che dimostra come nucleare e rinnovabili possono sopravvivere solo in contrapposizione alle fonti fossili. Senza l'allarme ambientale entrambe sono destinate a sparire o diventare marginali.