Non avrei voluto parlare della vicenda immobiliare del ministro dello Sviluppo economico. La mia opinione (e che non è neanche un giudizio di merito sulla vicenda) è che tirar fuori la dietrologia, "i disegni", è la forma più debole di difesa che si potesse trovare, anzi una mezza ammissione di colpa. Dopo averla sentita centinaia di volte in questi anni, ormai la "traduco" così: " Visto che tutti fanno qualcosa di illegale o di politicamente impresentabile, il fatto che le mie malefatte siano diventate pubbliche è la dimostrazione che c'è qualcuno che manovra contro di me".
Il sovvertimento dei riferimenti "etici" è totale: il sottobosco dell'arricchimento personale, delle spartizioni e dei favori viene considerato "normale", mentre finire sul giornale è una violazione della propria privacy. Le raccomandazioni e i regali per i figli (il ragionamento vale sia che Scajola sia colpevole o innocente) sono indice di amore paterno, mentre se i giudici "mettono in mezzo la famiglia" sono i soliti avvoltoi cinici.
Ancor meno credibile è agitare lo spettro della lobby antinucleare, troppo scalcinata e improvvisata per metter su una trappola del genere. Sottolineo che qui gli assegni a favore del venditore della casa comprata da Scajola non sono un'illazione degli investigatori ma sono già stati recuperati e acquisiti, le date coincidono, le testimonianze anche. Quindi nell'ipotesi più garantista (il ministro era all'oscuro di tutto) a ordire la macchinazione sarebbe stato il costruttore Anenome e le persone a lui vicine. Nessuno di loro noto per la passione ecologista.