domenica 13 marzo 2011

Emotività globale

La vicenda di Fukushima ( e i problemi degli altri reattori giapponesi) mi fanno stare con il fiato sospeso. Perchè amo il Giappone e non perché penso che questa vicenda abbia davvero una rilevanza nella lunga guerra pro/contro nucleare.
Non ho paura dellle centrali più di quanta ne abbia dei terremoti. Se volete un po' di contabilità macabra vi accontento subito: ne ammazza più il carbone, le dighe o il nucleare? Una risposta è qui, ma sono dati opinabili e sicuramente esistono stime che dimostrano il contrario. Così come non fa differenza se tra i killer silenziosi sono peggio le sigarette e le radiazioni (anche qui risposta ovvia). Costruire centrali nucleari è solo una delle cose che ci rendono più vulnerabili in caso di disatri naturali: da vivere in case di pietra a costruire palazzi da decine di piani; dal metterci gas in casa a viaggiare su treni che vanno a 300 Km/h. Pare che non ci sia niente di più irresponsabile che progredire nella scala della civilizzazione.
La scelta vera che gli individui, le nazioni e l'umanità devono compiere è: l'atomo è un male necessario o superfluo? Più passa il tempo e più mi convinco che non ci sia niente di oggettivo, razionale e scientifico che possa far prevalere un'opzione sull'altra.

Le polemiche politiche nostrane (ma una volta tanto sono uno specchio reale di quello che si sente per strada e nelle case) non sono diverse da quelle che si vedono in giro per il mondo: in Francia i verdi chiedono il referendum antinucleare per bloccare tutto. Negli Usa sono già certi che il rinascimento voluto da Obama sia al tramonto. In Germania il tenore della discussione è analogo. Chiacchiere, visto che per loro spegnere le centrali significa spegnere la luce. Nel libro la tesi sull'effetto degli incidenti sul futuro dell'industria è netta: Cernobyl uccise un settore già agonizzante per il crollo del prezzo del petrolio. La situazione ora è ben diversa, il picchista che c'è in me è convinto che il petrolio a tre cifre (per lungo tempo) ci farà dimenticare presto la paura atomica di questi giorni.

Andrà così anche in Italia, ma nella maniera peggiore. Più che il pragmatismo da noi vincerà l'abulia. La maggioranza della popolazione è contraria, ma sarà tanto pigra da non andare a votare al referendum solo poche settimane dopo le amministrative. Una vittoria (non definitiva) per i nuclearisti ma l'ennesima sconfitta della capicità degli italiani di ragionare come una nazione.