Il fine settimana ha visto 100 mila persone sfilare a Berlino contro l'allungamento dell'età delle centrali già in funzione nella repubblica federale. Anche in Germania è diventato soprattutto una questione politica: Angela Merkel non ha la maggioranza al senato e le opposizioni vedono nella proposta di far funzionare altri 12 anni i reattori l'occasione di farla cadere. Lei vuole evitare lo showdown e non ha presentato un progetto di legge, ma vuole far passare la decisione come puramente amministrativa. Spd e verdi hanno impugnato l'escamotage e ora toccherà decidere alla Corte costituzionale. Un po' come da noi ora: il governo cerca di evitare il confronto sul nucleare perché teme l'impopolarità dell'argomenton e chi è contrario si appella ai tribunali. Ricordiamo che l'attuale legislazione tedesca prevede il phase out, ovvero il progressivo spegnimento delle centrali senza sostituirle. In questo modo l'addio all'atomo arriverebbe nel 2022. Una legge votata da una maggioranza rossoverde dieci anni fa.
Ma per chi l'ha vissuto, invece il clima tedesco attuale sembra più quello del nostro referendum. I verdi stanno fiorendo come forza politica trainante del centro sinistra, secondo i sondaggi insidierebbero i socialdemocratici 22% a 24%. Per non farsi superare, l'Spd ha partecipato alla manifestazione di sabato e il leader Sigmar Gabriel ha proposto un referendum. Ma le consultazioni popolari non sono vincolanti secondo la Costituzione tedesca, così Gabriel ha proposto di cambiare la costituzione.
Ci vedo delle conferme nella mia tesi sul "raffreddamento nucleare": La crisi economica si fa sentire meno, il prezzo del petrolio non appare una minaccia e il riscaldamento globale è sceso nella lista delle priorità. "Verde" torna ad essere sinonimo di antinucleare.