E veniamo al merito della ricerca (sì, ho letto le 300 pagine). Le critiche sono sostanzialmente due.
Posizionamento. Per gli addetti ai lavori, o anche solo per i mediamente informati, la ricerca non contiene elementi nuovi. Fa riferimento a tesi e numeri consolidati all'interno della comunità scientifica ed economica. Il contesto e il tipo di presentazione la rendono inaccessibile ad una cerchia più larga, il contenuto la rende ridondante a chi già è dell'ambiente. Dove Enel e Edf potevano fare veramente la differenza era calando per la prima volta il progetto nella realtà italiana, ci hanno provato ma commettendo il secondo errore.
Ambizione. Non so se la molla sia stata dover rispettare i numeri già annunciati dal governo (25% di produzione elettrica da nucleare), oppure ottenere una cifra di risparmi cumulati particolarmente alta, ma l'ipotesi di 100 twh da nucleare entro il 2030 è particolarmente irrealistica. Lo scenario di 8 reattori Epr (o 10-12 se nel pacchetto mettiamo degli Ap 1000) perde di credibilità man mano che né i cinesi, né i francesi riescono a tenere il ritmo di costruzione dei reattori di terza generazione promessi.
Non è solo una questione di regolazione e capacità ingegneristiche (e ci sono superiori in entrambe), ma anche di colli di bottiglia nelle forniture altamente specializzate. Se nei prossimi vent'anni arriveranno 40 nuovi reattori nel mondo sarà un record, il 20-25% dovrebbero nascere in Italia?
Poi c'è il problema dei costi. Enel stessa fa fatica ad ammettere davanti agli analisti di essere pronta a mettere sul piatto almeno 10-12 miliardi per quattro reattori Epr in 10-15 anni. Chi potrebbe investirne altri 20-30 sul mercato italiano?