Istituto dell'energia americano ha messo on line le ultime statistiche sul consumo di uranio negli Usa, cioè il più grande produttore di energia atomica nel mondo.
Il risultati, per molti versi soprendenti, dicono due cose: il rinascimento nucleare non c'è. La domanda di uranio negli ultimi cinque è crollata del 25%. Colpa della recessione, ma naturalmente la domanda di petrolio non è crollata in maniera paragonabile (-11,4%), nè altrettanto male è andato il consumo di elettricità, pur nei suoi momenti di estrema volatilità.
Dunque il nucleare ha perso il treno della grande speculazione degli idrocarburi e non ha invertito una tendenza alla marginalizzazione nel mercato statunitense. Ora, con il prezzo del greggio bloccato nel canale 70-85 dollari da quasi due anni e il gas naturale a prezzi bassissimi, la spinta ai nuovi impianti si sta di nuovo affievolendo.
Non penso che sia determinante, ma va notato che il vantaggio di prezzo che l'uranio ha nei confronti del petrolio si è ridotto. Il costo di una libbra di uranio arricchito costava 15 dollari nel 2005, ha avuto un picco nel 2008 (59 dollari) ed è tornato a 55 ritirandosi meno velocemente degli idrocarburi suoi concorrenti