Sono stato criticato da alcuni lettori per la scarsa presenza della vicenda Iran sia nel libro sia nel blog. Non è volontà di nascondere una parte delicata del pacchetto nucleare, ma una precisa scelta. Il libro parlava di nucleare civile, usato per produrre elettricità. Il criterio adottato a livello internazionale, dall’Aiea in giù, è tenere le due cose separate: si sostiene e si accompagna qualunque governo voglia aprire una centrale nucleare, ma si blocca tutto di fronte al sospetto di un uso militare della tecnologia civile. Come scrivo nel libro, anche la storia dimostra che l’evoluzione tra le due applicazioni è parallela e senza nessuna connessione funzionale. In poche parole: avere delle centrali non ti rende più facile avere la bomba e viceversa spendere miliardi per farsi un arsenale nucleare lascia ben poco spazio per un reattore civile.
L’avvio della centrale nucleare di Bushehr conferma questa regola. Il reattore costruito e gestito dai russi è un grande successo diplomatico e politico. Dimostra che la comunità internazionale è in grado di concedere a chiunque, persino ad un regime aggressivo come quello dell’Iran, la possibilità di avere l’energia nucleare. Anzi come segnala bene nell’intervista Joseph Cirincione alla Stampa, proprio il modello “chiuso” promosso dai russi è quello che dà maggiori garanzie sul reale utilizzo dell’uranio arricchito in entrata e del plutonio in uscita. Teheran avrà l’elettricità, ma non gli elementi radioattivi e in termini puramente razionali, toglie ad Ahmadinejhad tutti i motivi per avviare degli impianti di arricchimento in casa.
Impianti che invece continuano a essere costruiti, anche senza la foglia di fico di un possibile impiego dell’uranio prodotto per scopi civili. Perché la volontà di “farsi la bomba” non c’entra niente con le centrali.