Veronesi in quel ruolo piace all'Enel da lungo tempo, piaceva a Scajola e Saglia e ora è sostenuto dalla nuova referente politica dei nuclearisti, il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo. Il vantaggio è che il professore ha una fiducia reale e non strumentale nei confronti del nucleare e sarà ben contento di mettere la sua credibilità e i suoi successi professionali al servizio della causa. Un testimonial di primo livello, insomma.
Noi osservatori terzi possiamo chiedergli solo conservare il suo rigore scientifico e la sua indipendenza quando dovrà (e sicuramente dovrà) chiedere ai vari costruttori correzioni e miglioramenti nei loro progetti. L'idea che tanto rendeva attraente il nome di Veronesi è che il senatore Pd potesse rappresentare un ponte per assicurare un futuro bipartisan al progetto. Non ha retto alla prova dei fatti, ma Bersani, ed è la conseguenza più triste di tutta la vicenda, non è uscito dall'ambiguità di fondo.
Nella controreplica a Veronesi il segretario comincia con una bella dose di "benaltrismo"
"Ce n'è da fare di cose sull'energia, ma la strada è un'altra da quella che il governo sta prendendo. Quindi a Umberto Veronesi ho detto: professore, massimo rispetto per le sue scelte e la nostra stima lei ce l'ha tutta, senza meno, ma il rischio è di fornire alibi a un piano velleitario e inconcludente"
ma non arriva a dichiararsi contrario
"È giusto che l'Italia si infili nella prospettiva e nella tecnologia della ricerca sul nucleare. Ma il programma del governo Berlusconi è di approssimazione totale".
Ma allora non sarebbe stato meglio benedire Veronesi investendolo del compito di porre un freno a quell'approssimazione o quantomeno portare un po' di trasparenza? Sembra di no, anche perchè il Pd non si è spostato dal suo programma elettorale del 2008 e le centrali nucleari non sono previste. Su questo punto Bersani non sembra voler essere diverso da Veltroni se non per qualche sfumatura che rende tutto ancora meno chiaro.